“Cara Ansia volevo dirti che.. oggi ho capito che non posso non sentirti. Volevo dirti che ho capito che fai parte della mia vita e che non posso sempre scegliere quando sentirti. Oggi ho saputo una cosa interessante su di te cara amica: ho imparato che non sei del tutto nociva perché mi aiuti a mettermi in salvo; ho ripensato infatti a quella volta in cui un auto stava per venirmi addosso; chissà come avrei fatto a salvarmi se non avessi avuto quella prontezza che mi ha fatto tendere i muscoli, ha fatto sì che la mia vista divenisse più acuta, che il mio corpo si rendesse “scattante” grazie all’aumento dei battiti cardiaci, e della pressione sanguigna. Cara Ansia, non mi fai più paura e voglio tenerti con me perché tu mi salvi la vita, mi bussi sulla spalla quando è ora che io mi difenda e quando è ora che io protegga me stesso. Certo, se queste sensazioni “da auto in corsa verso di me”, per intenderci, si attivano quando non c’è nessuna macchina,io mi chiederò come mai e non sarò contento di sentirti perchè quello non è il tuo momento; e allora imparerò a riconoscere quando è sbagliato che io ti avverta e lavorerò su questo ….”.
Ed ecco svelato il vero enigma dell’ansioso. Chi soffre di ansia è come se accendesse questa emozione con annesse sensazioni fisiche in momenti non contestuali. Ma perché avviene ciò? Le spiegazioni risiedono nelle valutazioni cognitive che il soggetto fa di alcune sensazioni fisiche avvertite, apparentemente slegate dalla situazione esterna vissuta. Lo si capisce in modo molto chiaro se si pensa al panico, direttamente collegato all’ansia, e che potremmo definire un esito estremo delle sensazioni ansiose. Spesso il racconto che i pazienti fanno del primo episodio del panico è che sia arrivato dal nulla, con nessuna attinenza apparente con ciò che stavano facendo/vivendo in quella data situazione. Quando però si entra in profondità del lavoro terapeutico è utile invece vedere che qualche evento di vita o qualche pensiero doloroso prossimo in termini temporali è stato il vero scatenante del sintomo. Ciò che però getta la persona in questo stato di discontrollo emotivo spaventante è la percepita inspiegabilità del panico. La persona inizia a non riconoscere più sè stessa e le proprie sensazioni e a percepire come intollerabile qualsiasi sensazione che “assomigli” a quelle provate durante il panico; perciò anche solo l’aumento del battito cardiaco diventa un’esperienza emotivamente spiacevole che non vuole essere vissuta. Si capisce bene come questo sia impossibile per il nostro corpo, e per la nostra vita, e si attiva così un circolo vizioso che porta spesso a strutturare evitamenti che arrivano a rendere la vita della persona un tunnel senza via d’uscita. Si dovrà quindi, con pazienza, ristrutturare le valutazioni connesse ai sintomi avvertiti e, proprio per il motivo citato nella lettera all’ansia, ovvero che le spie di questa emozione sono importanti per la nostra sopravvivenza, cercare di ristabilire un equilibrio emotivo.
Per chi soffre di questo disturbo dunque, è di fondamentale importanza iniziare un lavoro terapeutico specifico che possa riportare la quiete e ristabilire la pace con questa nostra importante alleata, facendo sì che le sue sensazioni si “accendano” nei giusti momenti.
Dott.ssa Francesca Guzzo